The letters of the Venetian merchant Andrea Berengo, written in the mid-16th century, are not only a precious testimony of Venetian commercial history, but also a particularly rich source for linguistic and lexicographic studies on Renaissance Venetian. The present paper examines selected oriental elements of Arabic, Turkish and Persian origin from the point of view of historical lexicography. The special linguistic interest of Berengo's letters is confirmed by the fact that most of the terms studied are early or even first attestations in Italian.
Keywords: Andrea Berengo; Venetian commercial history; Oriental elements in Renaissance Venetian; Italian historical lexicography; storia commerciale veneziana; elementi orientali nel veneziano rinascimentale; lessicografia storica dell'italiano
Il mercante veneziano Andrea Berengo svolse le sue attività commerciali in Levante a metà del Cinquecento (per una panoramica biobibliografica cf. [
Il lessico di Berengo non è ancora stato esaminato nella sua totalità. Gli indici e il glossario dell'edizione Tucci forniscono poche informazioni utili di tipo storico-linguistico. Uno studio più approfondito di circa 70 voci delle lettere è stato condotto da Elke [
Poca attenzione hanno ricevuto anche gli elementi orientali compresi nel carteggio, sebbene Luigi De Anna abbia messo in rilievo già quasi tre decenni fa il notevole interesse di questa parte del lessico berenghiano:
«Furono i mercanti [...] coloro che in misura maggiore contribuirono allo sviluppo della letteratura odeporica; è dunque naturale che proprio costoro abbiano portato, sempre sotto il profilo lessicale, il contributo più consistente. Basti pensare [...] alla straordinaria ricchezza di prestiti orientali presente nelle lettere che Andrea Berengo inviò tra il 1553 e il 1556 da Aleppo [...]» (De Anna 1992, 357–358).
Di seguito verranno esaminati alcuni degli elementi orientali in Berengo dal punto di vista storico-linguistico. Si scelgono soprattutto esempi che finora hanno ricevuto solo un'attenzione marginale e che consentono integrazioni rilevanti alla lessicografia storica.
ablach ʻtessuto di seta variopintoʼ: «Per nostri sono stta' levatto seda canari a veneziani 5.1/4 el rottolo, mamodea, lezi, rasbar, ardasina, ablach, chusechul a veneziani 6 el rottolo» (1556, ed. [40] 1957, 292), «seda mamodea, rasbar, lezi, ablach, ardass, ardasina» (1556, ib. 320). – Ar. ablaq ‛variegato, di due colori, bianco e nero' (Wehr/Kropfitsch 82). – Quella in Berengo è la prima attestazione italiana finora nota. Nel Seicento il termine compare anche in Pesenti e in Rocchetta: «conducendo molte migliaia di Balle di Seta, Endico, Alacche, Reubarbaro, Canelle, Tele di Cottone in quantita, Muschio, Gioie di piu sorte, & mille altre mercantie» (1615, Pesenti, ed. [11] 2013, 413), «L'istesso paese circonvicino ancora produce molte cose, e molte altre se ne fanno nell'istessa Città [i.e. Aleppo], come sono tele di cottone turchine, ed altri colori, cottoni filati in grande abondanza, alacche di tutta perfettione d'ogni colore, sagrì perfettissimi, & altre cose che per brevità si lasciano, abonda di bellissimi frutti a' suoi tempi, e di Damasco ne vengono ancora in abondanza» (1630, Rocchetta, ed. [29] 1996, 47).
ardass (seda) 'seta di Ağdaş': «ardas da veneziani 5 maidini 27 fin maidini 37 el rottolo» (1555, ed. [40] 1957, 104), «seda mamodea, rasbar, lezi, ablach, ardass, ardasina» (1556, ib. 320), «bona ardasa» (1555, ib. 126), «la mittà chanari a veneziani 5.1/4 ett l'alttra mittà ardassa a veneziani 5.3/4 el rotello» (1556, ib. 273). – Diminutivi: «ardas e ardasina» 'id.' (1555, ib. 129), «Per nostri sono stta' levatto seda canari a veneziani 5.1/4 el rottolo, mamodea, lezi, rasbar, ardasina, ablach, chusechul a veneziani 6 el rottolo» (1556, ib. 292). – La voce deriva dal nome persiano dell'antica città azerbaigiana di Ağdaş, situata su una delle vie della seta (per i dettagli cf. [
bachsis ʻmancia, regaliaʼ: «Et si à fatto boni a messer Francesco Bon, giustto el voler vostro, lo amontar de ditta tratta, che son ducati 27 grossi 30 del tagio che quello dovea esser bachsis, ma del tutto me contento et mi doglio che la non sia sttatta de mazor importanzia» (1555, ed. [40] 1957, 75). – Ar. baḫšīš ‛regalo' (Wehr/Kropfitsch 50), tc. bahşiş (Redhouse 123), pers. baḫšiš (Steingass 159). – Prima attestazione italiana finora nota.
balbech 'sorta di sapone prodotta a Ba‛labakk': «Quanto al savon [...] ve ne ò mandatto rotoli 50, et 6 bustte de balbech pichole depentte» (1555, ed. [40] 1957, 110), «Con perdone vi arecorderò posandome far sservir dele 12 bustte tonde de balbeh dorade e galante» (1556, ib. 326). – Dal nome della città libanese di Ba‛labakk (l'antica Eliopoli). – Prima attestazione italiana finora nota. – Cf. [
comasso ʽstoffa di seta e di bambagiaʼ: «et quel comasso che sè drentto lo mandaretti a Famagostta» (1555, ed. [40] 1957, 61), «li è una peza di quel comasso che me avetti ordinatto» (1555, ib. 62), «Quantto al comasso vedo come l'avetti autto» (1555, ib. 169), «peze 6 bottana vergada da chomessi» (1556, ib. 228), «due bottanele da chonbessi› (1556, ib. 237). – Ar. qumāš ʽtipo di tessutoʼ (Wehr/Kropfitsch 764), tc. kumaş 'id.ʼ (Redhouse 685), pers. qumāš (Steingass 987). – Le prime attestazioni italiane compaiono in Ca' Masser (ca. 1506): «etiam molti pani dal goton, i sazi, sinabassi, sesse, comessi, et altri pani per valuta de ducati 3500» (ed. [
cusechul 'fascia, cintura di setaʼ: «la mamodea veneziani 6 maidini 14 et la chusechul veneziani maidini 37 el rottolo» (1555, ed. [40] 1957, 113), «àno pagatto [...] la mamodea et cusechul veneziani 5 maidini 30 et la balanza et bona ardasa veneziani 5 maidini 20» (1555, ib. 126). – Tc. kuşak 'id.ʼ (Redhouse 690); è opaca la desinenza -ul. – La prima attestazione italiana si trova in Bassano (1545): «Le lor cintole sono di Seta, larghe à guisa di sciugatoi, [...] chiamati da loro Chussech» (ed. [
faraxolla 'misura di pesoʼ: «provenzalli veneziani 1.3/4 fin 2.1/2 el men, basttardi veneziani 5 el faraxolle» (1556, ed. [40] 1957, 189), «provenzalli sarafi 7 fin l0 el men, vasttardi sarafi 50 la faroxolla» (1556, ib. 192), «basttardi sarafi 20 la faraxolle, che san rotolli 4.1/2» (1556, ib. 193»), «basttardi sarafi 20 la faraxolle» (1556, ib. 203). – Ar. farāsilah / frāslah / frāsilah / farāsil 'id.ʼ ([
fotta 'tela cotonata d'India, usata per involgere e come asciugamanoʼ: «le qual due peze le ò invogiatte in una fotta» (1555, ed. [40] 1957, 131), «Et piùi li è li allttri 3 vostri et due fotte da barbier» (1555, ib. 47), «nela qual li era 3 fazuoli grandi nostri e do fotte da barbier vostre» (1555, ib. 50), «alcune fotte da barbier, zoè fazuoli» (1555, ib. 61). – Ar. fūṭa ʻgrembiule; tovaglio; asciugamanoʼ (Wehr/Kropfitsch 717), tc. futa ʻtovaglioʼ (Redhouse 379). – La prima attestazione italiana è di tramite turco: «finito che sete di lavare, vi mutate drento nel Bagno, il sciugatoio, che havevate attorno, detto la loro Futa» (1545, Bassano, ed. [3] 1963, 3 v).
gianberlucho 'sopravveste ampia e lunga, con cappuccioʼ: «avendomi mandatto [...] pano cupo di 70 per uno gianberlucho et duliman et uno pocho di pano da chalze» (1555, ed. [40] 1957, 161). – Tc. yağmurluk 'impermeabile' (Redhouse 1236). – La prima attestazione compare nei Diarii (1533) di Sanudo nella forma giamurlazo, con sostituzione del suffisso turco -luk con quello veneziano -azo (ed. [
lattarini 'profumieri, droghieri': «Vedo ezian le rechomandazion che me fatte per messer Mattio, che tantto farò, ett maxime per amor de messer Marco Anttonio, lo qual con sui chompagni l'ò fatto nel chan nuovo di lattarini» (1556, ed. [40] 1957, 286), con agglutinazione dell'articolo determinato l'. – Ar. (al‑)ʽaṭṭārīn, plurale di (al‑)ʽaṭṭār 'profumiere, droghiere' (Wehr/Kropfitsch 619). – La prima attestazione italiana compare già nel 1326 a Palermo in un testo latino medievale: «Botteghe site in predicta urbe panormi in quarterio porte patitellorum in contrata lactarinorum iuxta Rahabam» (Caracausi n° 159; cf. [
leventti 'marinai volontari; corsariʼ «Ttoma, che fo ferido da queli leventti, delo qual dubittavemo de lui, aora stano bene» (1556, ed. [40] 1957, 252). – Tc. levend / levent 'id.ʼ (Redhouse 709), pers. lawand 'id.ʼ, originariamente ʻlibero, indipendenteʼ ([
lezi (seda) 'seta greggiaʼ: «rotoli 113 seda lezi a veneziani 6 et rotolo,et rotoli 32 seda rasbar a veneziani 6 el rotolo» (1555, ed. [40] 1957, 27), «fardi 3 lezi a veneziani 6 el rottolo, al'inchonttro peze 2 archimie a maidini 45» (1556, ib. 265). – Pers. lāhiǧī 'id.ʼ ([
lixari 'tessuto di cotoneʼ «Et più li è dui lixari invogiatti in cartta berettina, li qual daretti a Mattio de Mattio, zovene de messer Zuan Maria Penzini, li qual el metterà nela cassa del Manieri insieme con le bottane» (1555, ed. [40] 1957, 47). – Dall'ar. izār 'tessuto di cotoneʼ, 'indumento di cotoneʼ (Wehr/Kropfitsch 15), con agglutinazione dell'articolo determinativo italiano l'. – La prima attestazione italiana è in Domenico Messore (ca. 1441): «Et da poi sopra di questa portanno uno panno di lino pur biancho subtilissimo, al quale elgi chiamanno ysaro» (ed. [
malem 'responsabile del trasporto di merciʼ: «el malem de ditta schala» (1556, ed. [40] 1957, 318). – Dall'ar. mu‛allim 'insegnante, istruttoreʼ, 'responsabile del trasporto di merciʼ (Wehr/Kropfitsch 635). – Le prime attestazioni italiane si trovano in Antonio da Crema (1486) nella variante storpiata mutalla 'id.ʼ (ed. [
men 'misura di pesoʼ: «et àno vendutto le mosttre veneziani 7.1/2 el men» (1556, ed. [40] 1957, 189); «zenaprii veneziani 65 el zentto di men, che son rottolli 43 damaschini» (1556, ib.). – Ar. mann 'id.ʼ (Wehr/Kropfitsch 879), pers. man 'id.ʼ ([
ochil ʻrappresentante, procuratoreʼ: «El bazaro del Bon non ve lo dicho, perché voi sette suo ochil, ett alttro non è stia fatto dopo, che io sapia» (1556, ed. [40] 1957, 301), «Quantto al Chimentto, io ò levatto quela sua roba ett li è datto tantti paonazi de 80 al'inchonttro et mio ochil è stato el con pare» (1556, ib. 307). – Ar. wakīl 'id.ʼ ([
osera
/ ugieri / lugier 'imposta sulle merci, dazioʼ: «l'osera, zoè el dazio» (1555, ed. [40] 1957, 22), «le osere che pagamo a Tripoli» (1555, ib. 27), «Dal defttedar si à autto la teschera de pagar l'ossera dele spezie» (1556, ib. 179). – «Et piùi bustta una tartufole da esser mandatta a messer Fabrizio da Legnago per far el mio voler, alli qual muchari se li à pagatto li sui ugieri et tasfieri» (1555, ib. 44), «aveti pagatto el lugier, che invero è sttatto tropo» (1555, ib. 133). – Il tipo osera deriva dal collettivo arabo ‛ušra 'id.ʼ ([
schirazo 'nave da caricoʼ: «zonse uno schirazo a Bichieri» (1556, ed. [40] 1957, 318). – Dall'ar. ‛ušārī / ‛ušɛ̄rī 'id.ʼ ([
sessa 'sciarpa del turbanteʼ : «l'à autto la sua sessa et baretta che 'l me impresttò» (1555, ed. [40] 1957, 45), «Di la sesa, quela si zercha, ma la non se trova a modo nostro» (1555, ib. 146), «farò far le coltre et eciam atendo alle bavelle, sesse et tapedi sì come è il desiderio vostro» (1555, ib. 165), «li àno despogiatti et dato le sue abe sollum, et non li à lassatto alttro che una sessa ben tristta» (1556, ib. 240), «Ezian ò consegniatto a messer Iacomo de Zorzi uno fangotto nel qual li è tre sesse, di le qual ve ne sserviretti di quelo ve fa bexognio» (1556, ib. 259). – Ar. šāš 'id.ʼ ([
ttanblachani 'tipo di tamburi piccoliʼ: «Messer Anzollo de Battista è stta' messo in prexon, lui e il suo garzon, perché l'era sonatto i ttanblachani, et se l'à volestto ussir, la ge à costato veneziani 8 al subassi et le spexe») (1556, ed. [40] 1957, 181[Aleppo]). – Dal pers. ṭablakān 'id.ʼ, plurale di ṭablak 'piccolo tamburoʼ (Steingass 809), quindi con doppio plurale persiano e italiano. La prima attestazione italiana è in Giosafatte Barbaro (1473): «con grandissima alegreza vene a marina sonando tambalchane» (ed. [
tasfieri 'tassa sul commercio, decimaʼ: «Et piùi bustta una tartufole da esser mandatta a messer Fabrizio da Legnago per far el mio voler, alli qual muchari se li à pagatto li sui ugieri et tasfieri» (1555, ed. [40] 1957, 44), «et cossì vi dicho haverle receute ben condicionate tutte le peze 104, sì come per quelle di mucharazo apar, et datolli li soi ugieri et tesfieri a raxon de deremi 325 per somma de peze 18, per vostro avixo» (1555, ib. 87). – Tc. tesfir 'id.ʼ ([
teschera 'autorizzazione rilasciata dall'autoritàʼ: «L'è vero che 'l defttedar àno datto la teschera che le ossere delle spezie le pagano de qui a quello che valeno a contadi» (1555, ed. [40] 1957, 178); «abiamo autto la teschera dal defttedar, zoè lizenzia di potter comprar» (1556, ib. 222). – Ar. taḏkira 'memorandumʼ, 'certificato ufficialeʼ (Wehr/Kropfitsch 316), tc. tezkere 'id.ʼ (Redhouse 1171). – La prima attestazione italiana è di tramite turco: «E confesso dal ditto Orsato haver havuto e ricevuto i detti ducati mille, li quali mi obligo e cosi prometto sopra di me e miei beni administrar et mercatar in parte di Turchia a ogni miglior modo e via che piacera a me Hieronimo, con patto pero che io Hieronimo non possi ne debba dar in credentia piu dilla valuta di ducati secento, ne anche sino a ditta summa che io non possi far credenza senza teschere, chiarezze e pieggiaria, perche cosi tra noi siamo d'accordo» (1540, Acta archivi Ragusini, ed. [37] 1950, vol. 1, 28).
Il fatto che le attestazioni qui discusse siano per lo più tra le prime attestazioni italiane conosciute o addirittura le prime in assoluto (ablach, ardass, bachsis, ugieri, balbech) sottolinea lo straordinario interesse delle lettere berenghiane per la lessicografia storica del veneziano. La maggior parte degli elementi orientali sono di provenienza araba, ma anche al turco e al persiano spetta un ruolo importante. Visto che Aleppo a quell'epoca era un crogiolo di lingue e culture diverse, per le voci attestate in più lingue orientali (bachsis, comasso, men, fotta) non è possibile individuare in maniera univoca la specifica lingua di partenza.
A parte questa breve raccolta di elementi orientali uno studio complessivo del lessico di Berengo nel quadro di un'indagine più ampia rimane per il momento un rilevante desideratum.
By Wolfgang Schweickard
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